Incrementi, decrementi, diminuzione della perdita di valore, ripartenza e ripresa… dato che vedi, ragionamento che fai.senza illusioni, c’è ancora parecchio da fare
Esistono diversi modi per dipingere il quadro della situazione congiunturale nazionale. Uno è quello di considerare le percentuali di crescita (o di decrescita) dei settori industriali o merceologici nudi e crudi, ovvero prodotto di più (o di meno), venduto di più (o di meno), ed è questo un sistema per determinare, per esempio, il valore della produzione in edilizia.
Un altro sistema è la verifica, e non è un gioco di parole, dell’incremento dell’incremento, o il decremento del decremento. Se un settore continua a essere in calo, o in crescita, si misura l’entità dei valori, perché anch’essi sono indicativi di un miglioramento o di un peggioramento della situazione economica.
Due notizie di questi ultimi giorni, il primo fonte Cribis, il secondo fonte Istat, ci aiutano a comprendere questi meccanismi. Il primo riguarda la diminuzione dei fallimenti in Italia (nel 2015, 1.189 casi in meno che nel 2014, nel settore edile, sul totale di 14.416, i fallimenti sono stati 3.071); un secondo esempio riguarda la diminuzione della svalutazione dei prezzi delle case: nel 2015, hanno generalmente perso il 2,3% in meno che nel 2014.
A una lettura superficiale, questi dati indicano che la situazione, per quanto non risolta, si sta avviando alla normalizzazione. Poi, ovviamente, chiavi di lettura sono numerose e le domande anche. per esempio: la percentuale di calo dei fallimenti è anche dovuta al fatto che dopo anni di chiusure le imprese sono di fatto meno numerose? Scende la percentuale di diminuzione dei prezzi delle case perché siamo ormai arrivati ai minimi storici, oppure perché il mercato si sta nuovamente vivacizzando grazie alla ripresa della concessione dei mutui da parte delle banche?
Probabilmente, un po’ tutte queste cose messe insieme. Rimane il fatto che, con ogni probabilità, parlare di ripresa è un conto, parlare di frenata della crisi, un altro.