Lombardia, Mal Comune Nessun Gaudio

14/05/13

Lombardia, Mal Comune Nessun Gaudio

Siamo circondati dal segno “meno”, a parte la benedetta ristrutturazione che negli ultimi cinque anni, con il suo +7,5%, sta tenendo in piedi il settore. La regione vive pari pari le difficoltà dell’intera nazione, con gli stessi problemi e la stesa mancanza di soluzioni

L’operosa Lombardia è ogni anno un po’ meno operosa, almeno per il settore delle costruzioni. I numeri, pubblicati dall’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) la scorsa settimana, e riferiti al settimo Rapporto Congiunturale elaborato dal Centro Studi nazionale e da Ance Lombardia, sono forieri di notizie poco liete, ma anche di qualche nota positiva.

Partiamo da queste positività, che fanno riferimento alla crescita demografica all’interno della regione, una crescita che, in teoria, dovrebbe alimentare la domanda di abitazioni, ma il condizionale è d’obbligo, e più sotto vedremo perché. Parallelamente, si registra anche una tenuta dei prezzi delle nuove abitazioni, così come gli investimenti nelle riqualificazioni edilizie, più note come ristrutturazioni, che determinano un incremento dello 0,8% nel 2012 – stesso dato del 2011 – che porta a un incremento totale del 7,5% negli ultimi cinque anni. Ma è l’unico dato con segno più.

A mortificare la richiesta di abitazioni ci pensano i dati sulla concessione del credito da parte delle banche. Secondo la Banca d’Italia, in Lombardia negli ultimi cinque anni il flusso dei nuovi mutui per investimenti nel settore abitativo è diminuito del 49,3%, dove la media nazionale è -48,8%. Nel settore non residenziale, la flessione è stata addirittura del 62,7%.

Gli altri numeri: gli investimenti nelle nuove abitazioni calano del 17,9% (-49,4% nel quinquennio 2008/2012). Dal 2006 al 2010 i permessi per costruire sono diminuiti del 59,8%, mentre per il 2013 è prevista una ulteriore flessione del 14,7%.

Nel suo complesso, in questo 2013 avremo in Lombardia una flessione generale del 3,2%, mentre quella prevista a livello nazionale sarà di circa il 3,8%.

Un’ultima considerazione non può mancare, e riguarda i motivi principali dello stallo del nostro mercato. Le difficoltà di accedere al credito sono certamente al primo posto. Nonostante tutte le agevolazioni della Banca Centrale Europea, con prestiti alle banche a tassi irrisori, gli istituti di credito continuano nella loro politica di chiusura al credito, anche perché impegnati a far soldi con altri sistemi, evidentemente più remunerativi e meno rischiosi.

Il Patto di stabilità è il secondo grave motivo. Come sapete, in sostanza gli enti pubblici, quindi la pubblica amministrazione, non possono spendere soldi che non hanno. E questo è un falso problema, perché tanto non pagano comunque, come testimoniano i miliardi di Euro di crediti che sono a oggi l’unico vanto delle imprese del nostro paese.

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