Meno tasse dallo stato centrale, più tasse da comuni e regioni. La dieta imposta dalla crisi del debito sovrano, con il conseguente taglio della spesa pubblica, si è trasformata in una tagliola per i cittadini
Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, tra revisione della spesa e riduzioni di bilancio, negli ultimi cinque anni le regioni e gli enti locali hanno subito un taglio dei trasferimenti dallo stato centrale di poco superiore ai 25 miliardi di euro. Grazie a questi tagli, lo stato centrale si è dimostrato sobrio e virtuoso, ma scaricando il problema sugli amministratori locali, che hanno preferito aumentare le tasse per non diminuire i servizi erogati.
Il passaggio dall’Ici all’Imu/Tasi, per esempio, ha incrementato il peso fiscale sui capannoni mediamente dell’80%, con una punta massima di oltre il 160% per quelli nel comune di Milano. Secondo l’Ufficio studi della Cgia, le autonomie locali più penalizzate dalla contrazione dei trasferimenti sono state le 15 regioni a statuto ordinario: tra il 2010 e il 2015 hanno subito un taglio di 9,75 miliardi di euro.
Ai comuni, invece, la sforbiciata è costata 8,31 miliardi, mentre le province hanno incassato da Roma 3,74 miliardi. Le cinque regioni a statuto speciale, però, sono state le meno colpite: la riduzione ha toccato i 3,34 miliardi di euro. E la legge di Stabilità 2015 pur avendo aumentato i fondi al sistema sanitario nazionale per 2 miliardi di euro, ha ridotto le risorse trasferite alle regioni di 4 miliardi, a cui si aggiungono altri 1,6 miliardi di tagli ereditati dal passato.
(Fonte: youtradeweb.com)
