
L’introduzione del documento di regolarità tributaria rischia di paralizzare ulteriormente il nostro settore. Una richiesta di virtù morale, sociale e fiscale, da parte di uno stato che è ben lontano dal dare il buon esempio
Il fantomatico “Decreto del fare” che si presta a molte variabili (fare in fretta, fare casino, fare niente, fare bene, eccetera, ognuno di noi si sta sbizzarrendo in questi giorni a completare la frase) ha offerto, insieme ad altro, il DURT (Documento Unico di Regolarità Tributaria) che ha fatto imbufalire praticamente tutti, per motivi diversi. In breve e molto semplificando, un’impresa che ha debiti con l’Agenzia delle Entrate in pratica potrebbe avere difficoltà a lavorare, perché per farsi pagare dall’appaltatore dell’opera deve dimostrare di essere in regola con il fisco.
Ora, è evidente che ognuno di noi, ogni impresa, debba essere in regola con l’erario, il principio non è in discussione. Ma questo in un paese normale, dove tutto è regolare e regolato, dove ci sia coerenza e comportamenti eticamente ineccepibili in primis dallo stato e dalla Pubblica amministrazione, e quindi non stiamo parlando dell’Italia. Il paradosso, davvero straevidente, è che lo stato ci chiede (giustamente) di pagare le tasse (che poi siano eque è un altro discorso) però si riserva il diritto di pagare o meno (nel nostro caso meno) il nostro lavoro. In sostanza: tu devi pagare le tasse, io però non ti pago, o forse quando posso.
Non è difficile immaginare come questo documento abbia scatenato una ridda di proteste, che vi proponiamo, tratte dalla notizia apparsa sul sito Internet Storemat.com: “Ė un nuovo mostro burocratico. Un adempimento inutile e complicato che rischia di dare il colpo di grazia alle imprese del settore costruzioni alle prese con una crisi profonda che, nel 2102, ha provocato la perdita di 122.000 addetti e 61.844 aziende. Chiediamo al Parlamento che venga cancellato”. Così il presidente di Confartigianato Costruzioni, Arnaldo Redaelli, giudica il nuovo documento. Le imprese appaltatrici e subappaltatrici, per poter essere pagate dai committenti, dovranno ottenere dall’Agenzia delle Entrate il documento che attesta l’inesistenza di debiti tributari da parte dell’azienda. ”Il Durt – sottolinea ancora Redaelli – contraddice la volontà, più volte dichiarata dal governo, di semplificare gli adempimenti a carico delle imprese e rischia di vanificare gli effetti degli incentivi varati dall’Esecutivo per gli interventi di ristrutturazione e risparmio energetico in edilizia. Se il Parlamento non cancellerà questo adempimento, ne andrà del futuro delle nostre imprese”. Anche dall’Ance arrivano primi segnali di rivolta contro il Durt. “Siamo pronti a fare una nuova protesta di piazza – ha detto il presidente Paolo Buzzetti – ora che le amministrazioni cominciano a pagare, con anni di ritardo, si inventa un nuovo ostacolo burocratico. Ė una norma scandalosa”.
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