La presenza di lavoratori stranieri è sempre maggiore anche nel settore dell’edilizia. Nascono nuove piccole imprese di matrice estera mentre quelle nazionali chiudono i battenti. È ora di iniziare a imparare nuove lingue?
I cambiamenti sociali coinvolgono già da anni il settore dell’edilizia e i lavoratori esteri che si sono inseriti in questo settore produttivo sono destinati ad aumentare. Qualcuno si chiede se gli operatori delle nostre rivendite non dovranno imparare anche le lingue mediorientali o dell’Europa centrale, potrebbe essere un valore aggiunto interessante, ma probabilmente saranno i nuovi frequentatori dei magazzini che si arrabatteranno al meglio per fare i loro ordini.
Il settore delle costruzioni è comunque quello che può cantare la più alta incidenza di lavoratori stranieri, operatori che dalle più modeste mansioni degli inizi, strette nella morsa dell’odioso caporalato e del bieco sfruttamento, hanno avuto la forza di crescere, facendosi apprezzare per impegno e competenza e addirittura aprendo società proprie che, non è raro, danno lavoro anche a manodopera italiana. Queste società oggi rappresentano il 16% circa del totale delle imprese edili con partita Iva.
Così, il secondo Rapporto Ires-Fillea, presentato alla IV Conferenza nazionale dei lavoratori stranieri di Fillea Cgil dice che oggi un muratore si cinque è di nazionalità straniera. Le imprese di matrice estara sono quasi 129.000, su un totale di quasi 855.000. I dati sono in crescita, come i fatturati di queste piccole imprese straniere, un altro mercato con il quale le rivendite edili si dovranno sempre più confrontare.
