Diminuiscono, ma da inizio anno in Italia hanno chiuso quasi 40.000 imprese nei settori del’edilizia, dell’industria e dei servizi
C’è una crisi che non disturba, ed è quella dei fallimenti. Il Cerved segnala infatti che fra aprile e giugno di quest’anno sono diminuite del 6,2% rispetto al secondo trimestre 2014. E questo in generale, perché nel settore delle costruzioni in flessione si rileva in particolar modo la diminuzione dei concordati e delle procedure non fallimentari.
Come ci è capitato di notare anche in altri casi, la lettura delle statistiche si può fare da più angolazioni. È vero, diminuiscono i fallimenti, ma è solo una percentuale, perché, rileva sempre il Cerved, nel secondo trimestre 2015 hanno avviato la procedura fallimentare 18.300 imprese (in generale), portando il totale da inizio anno alla bella cifra di 38.500 unità, che non sono proprio bruscolini.
Poiché sono almeno sette o otto anni che le imprese falliscono a ritmi purtroppo vertiginosi, si può anche aggiungere, senza apparire per forza catastrofici, che le percentuali scendono anche perché il numero globale delle stesse imprese si è considerevolmente ridotto. Non stiamo parlando, lo ribadiamo, di imprese edili, ma di società che appartengono sia al settore delle costruzioni, che a quello dei servizi e dell’industria.
Al di là dei numeri e delle percentuali, il senso di disagio rimane. Vero è che molte aziende, non sapendosi rinnovare, si stanno trovando in grande difficoltà. Che il valore globale del mercato si è ridotto creando un evidente sovrannumero fra offerta e domanda, che la fiducia dei consumatori un mese sale e l’altro scende, e quella delle imprese anche. Non siamo ancora pronti a festeggiare in pompa magna la ripresa, questo è forse l’unico dato certo che abbiamo a disposizione.
