Con la massima disinvoltura ma anche con convinzione termini come trasparenza, correttezza e legalità entrano nell’oscuro mondo degli appalti. Le nuove regole convincono gli attori della filiera. Forse perché sono regole
Il nuovo Codice degli Appalti pare che alla fine sia da considerarsi un successo. C’è ancora chi mugugna, ma se così non fosse non staremmo parlando, in sostanza, di una legge chiamata a regolare ciò che fino a oggi è apparso non regolabile. Come tutte le disposizioni, si può migliorare, e l’intera filiera delle costruzioni ha messo a punto un pacchetto di proposte che hanno lo scopo di garantire la massima efficienza, nella massima trasparenza e nel pieno della legalità.
I temi del confronto sono la qualificazione delle imprese per la quale è necessario tenere conto degli effetti della pesante crisi patita negli ultimi anni, e quindi di estendere a dieci anni il periodo di riferimento per comprovare i requisiti Soa, oltre alla possibilità, per le gare sopra i 20 milioni, di utilizzare i risultati dei migliori cinque anni sugli ultimi dieci, e di introdurre ai fini della qualificazione nuovi criteri di valorizzazione non solo quantitativi, ma in grado di premiare quei soggetti che hanno mantenuto una struttura affidabile e con elevate professionalità. Allo stesso modo occorre richiedere l’obbligo di iscrizione alle Soa a partire dai lavori oltre i 258 mila euro, per semplificare e agevolare l’accesso delle più piccole imprese al mercato dei lavori pubblici. Viene inoltre chiesta l’introduzione del meccanismo dell’esclusione delle offerte anomale con metodo antiturbativa, almeno relativamente alle gare fino a 2,5 milioni di euro, per evitare cartelli fra le imprese. Un’ultima richiesta è quella di prevedere misure che agevolino, tramite il project financing, la bancabilità delle operazioni per i provati.