Proseguono le difficoltà degli operatori edili e di conseguenza anche la cessazione delle attività. Le percentuali scendono, ma dopo sette anni di crisi le perdite sono ancora gravi
Recenti dati forniti da Cribis D&B dicono che i fallimenti in edilizia nel 2015, e rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, sono diminuiti del 7,4%. In numeri, in questo caso più interessanti delle percentuali, 2.192 nell’edilizia contro 2.368. la situazione insomma migliora, almeno a livello di percentuali, ma non diciamolo ai creditori delle oltre duemila società che purtroppo hanno dovuto chiudere i battenti.
Probabilmente, dopo sette anni di crisi che ancora oggi siano costrette a chiudere oltre duemila imprese all’anno è un fatto grave. E la flessione della percentuale non può onestamente essere considerata una buona notizia, perché mette a nudo una cultura d’impresa ancora di là da venire. Il numero delle imprese, negli ultimi sette anni, è diminuito drasticamente, hanno cessato la loro attività decine e decine di migliaia di imprese e, quanto pare, non è ancora finita.
Interessante sarebbe conoscere i motivi della cessata attività. E, ancora più interessante, sarebbe utile sapere quante di queste imprese sono misteriosamente rinate. Insomma, la famosa “pulizia del mercato”, sogno eterno e probabilmente irrealizzabile degli operatori del settore, rimane un percorso lungo e tortuoso, anche se, per forza di cose una stretta è stata data. Meno soldi dalle banche, più attenzione da parte di clienti e fornitori, anche le detrazioni fiscali stanno regolarizzando uno dei comparti della nostra economia fra i più complessi da monitorare e da decifrare.
