Il nostro paese è perennemente in ostaggio morale (e anche materiale) degli organismi internazionali che giudicano il nostro operato. L’ultimo esempio è la richiesta di introdurre di nuovo le tasse sulla casa
Una vecchia battuta che girava qualche anno fa, diceva più o meno che “noi in Italia siamo pronti a qualsiasi sacrificio pur di essere gli ultimi dei Grandi, mentre potremmo facilmente essere i primi dei Piccoli”. Leggere ogni giorno le notizie riguardano la nostra economia, compresa quella del settore a noi più vicino”, riporta ai tempi della scuola, quando c’era qualcuno sempre pronto a dirti che cosa dovevi o non dovevi fare, qualcun altro sempre solerte nell’indicare i tuoi errori,mentre il tuo diario stazionava sulla cattedra, pronto ad accogliere le temibili “note” che erano il preludio a solenni reprimenda.
Questo siamo noi a livello europeo e mondiale, e se da un lato gli organismi internazionali possono vantare buone ragioni (la fragilità della nostra demenziale classe politica, il debito pubblico, eccetera) è anche vero che in più di una occasione ci vien fatto di pensare che tutti i soloni sparsi per il globo potrebbero iniziare a occuparsi dei casi loro, perché così a occhio non ci sembra che nel mondo esistano paesi modello di virtù.
Così il Fondo monetario internazionale ci incita e ripristinare le tasse sulla casa, noto bancomat del ministero delle Finanze, che sarebbe un po’ come sparare sulla Croce Rossa, dopo che il valore degli immobili, causa una crisi mondiale che, è bene ricordarlo, non è nata in Italia, ha fatto registrare una perdita media del 30% negli ultimi anni.
Pare che esista una distorsione del concetto di orgoglio nazionale, una visione alquanto provinciale che prevede sforzi insostenibili (per esempio, lavorare sei mesi solo per pagare le tasse) per poter vantare una presenza al tavolo degli Eletti (che tra l’altro nessuno ha eletto). Ha senso tutto questo?