Il settore dell’edilizia assomiglia a quello delle occasioni sprecate. Un appello del presidente dell’Ance, la risposta del ministero delle Infrastrutture, una soluzione di semplice buon senso
Lo scorso 20 febbraio, sulle pagine de “Il Sole 24ore” è apparsa una lettera di Claudio De Albertis, presidente dell’Ance, che ha portato all’attenzione dei lettori il suo pensiero, e quindi anche quello dell’Associazione, relativamente alla riforma degli appalti per i lavori pubblici.
Il titolo: “Non sprechiamo la riforma degli appalti” già da solo dice molte cose, quasi tutte. De Albertis, con la delicatezza che gli è propria, fa notare come questo particolare mercato sia “ipernormato” e che, nonostante questo, non manchino comunque le “alterazioni anche e soprattutto nel segno dell’illegittimità”. La richiesta, che accomuna immaginiamo tutti gli attori che hanno a che fare con gli appalti pubblici, è la scrittura ma soprattutto il rispetto delle regole che devono governare il mondo degli appalti, per garantire trasparenza nell’assegnazione delle gare, rispetto dei tempi dell’esecuzione delle opere, “obiettivi – ha aggiunto De Albertis – in parte già colti dalla legge delega approvata in Parlamento, ma che ora devono trovare piena e concreta applicazione nel nuovo codice degli appalti, che si sta scrivendo in queste ore, e nelle linee guida che ne seguiranno”.
Qualche giorno dopo, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio annunciava la rivoluzione copernicana per il settore delle costruzioni. Semplifichiamo: mai più “massimo ribasso” nell’assegnazione delle gare, nasce l’assegnazione all’offerta economicamente più vantaggiosa, ciò quella che dovrebbe garantire il miglior rapporto costo/qualità. Lo stato, in sostanza, ha deciso di iniziare a spendere bene i soldi dei contribuenti. E, di questa novità, ci siamo occupati un bel po’ di settimane fa.
Si pone una riflessione: pare che il concetto di “offerta economicamente più vantaggiosa” sia stata consentita soltanto per gli appalti sopra soglia comunitaria e per l’aggiudicazione delle concessioni di lavori pubblici. Ciò significa che la stragrande maggioranza degli appalti che circolano nel nostro paese, ovvero quelli di natura privata, o anche quelli pubblici fino a un certo costo, non sono contemplati. Non scopriamo certamente noi come sia complicata e anche delicata la gestione economico- finanziaria degli appalti. Come molte imprese propongano un prezzo iniziale e poi si scatenino i rialzi più o meno motivati. Se il principio è corretto (e lo è), se si vuole veramente rendere più trasparente e virtuoso il rapporto fra cliente (chiunque sia) e impresa, per quale ragione il concetto di “offerta economicamente più vantaggiosa” non viene esteso a tutti? Se questa iniziativa vuole premiare la qualità degli interventi, perché non estendere il vantaggio anche a chi ristruttura la sua casa? Il giudice arbitro sarebbe il rispetto, certificato, delle normative che esistono. Gli interventi costerebbero di più? Può essere, ma certamente varrebbero di più. Probabilmente, è un tema da approfondire, ma forse sarebbe una soluzione troppo difficile da far accettare.
