
Voi tutti conoscete il “Patto di stabilità” che in realtà si chiamerebbe “Patto di stabilità e crescita” anche se di quest’ultima parte ci si occupa poco: si tratta di un accordo stipulato nel 1997 fra i paesi dell’Unione europea per il controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche, per fare in modo che le Pubbliche amministrazioni non spendano più di quello che incassano, o che comunque possono spendere. Questo Patto di stabilità (e la crescita?) ha una declinazione interna agli Enti locali che ne limita fortemente le opportunità di investimento.
E non è tutto, perché di fatto blocca non solo gli investimenti, ma anche i pagamenti alle imprese per lavori già eseguiti, attraverso una dinamica difficile da capire e, quindi, da spiegare. In ogni caso, al momento risultano disponibili in cassa ma bloccati 4,7 miliardi di Euro per lavori già effettuati, e altri 13,3 miliardi di Euro di risorse per investimenti in conto capitale.
Nel frattempo, questi dati provengono dall’Ance (Associazione nazionale costruttori edili), la dimensione finanziaria dei ritardi di pagamento della Pubblica amministrazione per il settore delle costruzioni ha raggiunto i 19 miliardi di Euro ed è in costante crescita, nonostante l’approvazione di una legge che prevede il pagamento delle fatture a 30 giorni – sia per la Pubblica amministrazione, sia per le imprese private – attiva dal 1° gennaio di questo 2013.
Certo che se il patto di stabilità finanziaria deve affondare l’economia, non pare una grande idea. Fra i crediti maturati dalle imprese edili ci sono infatti anche quelli che sarebbero dovuti alle rivendite edili, così come ai produttori. D’accordo il rigore finanziario, ma un po’ di buon senso senz’altro aiuterebbe.
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