Se da u n lato i numeri e le percentuali dei lavori pubblici degli ultimi otto mesi sono demoralizzanti, è anche vero che un rapido sblocco della situazione porterebbe subito a un clima di concreto ottimismo
Sarebbe probabilmente più bello iniziare l’anno con una buona notizia, ma fedeli agli ideali di pragmaticità del settore tanto vale seguitare a dire le cose come stanno, almeno si può tentare di metterci qualche pezza.
Negli ultimi sei mesi, il blocco delle grandi opere – che ha generato ripercussioni a tutti i livelli, non solo per le grandi imprese – ha prodotto i seguenti, agghiaccianti numeri: per le opere in corso, 21 miliardi di euro bloccati; le opere già approvate e mai partire hanno raggiunto la bella cifra di 10 miliardi di mancati investimenti; i posti di lavoro persi si contano nell’ordine di 500.000 unità circa; quindi grandi imprese sono in gravi difficoltà, fra concordati preventivi, amministrazioni straordinarie e difficoltà finanziarie croniche.
Per quanto riguarda “la pezza”, o le miriadi di pezze che occorrerebbero per far rifiatare il settore, forse sarebbe sufficiente parlare chiaro e agire altrettanto chiaramente: o si sbloccano i lavori e lo stato paga i suoi debiti, oppure per le costruzioni anche questo 2019 si annuncia fallimentare, e siamo solo ai primi di gennaio.