Il mercato dei servizi e la necessità di aggregare le competenze offrono nuovi approdi alle rivendite edili. Ma bisogna ragionare al plurale
Certo che la manutenzione si appresta a diventare molto più di un mercato dominante, in considerazione del fatto che, oltre al settore delle abitazioni e degli edifici non residenziali, potrà trarre linfa infinita dalla marea di opere pubbliche e infrastrutturali che sono state realizzate fra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso e che poi, dagli anni ’80 e seguenti, sono stati interessati da una blanda manutenzione, che unitamente al degrado fisiologico e alle ingiurie ambientali ci mettono di fronte oggi alla situazione che tutti conosciamo.
Non è difficile quindi ipotizzare un ciclo di investimenti, da qui a chissà quale decennio futuro, che avranno come oggetto proprio queste tipologie di interventi. Non solo manutenzione strutturale, ma anche demolizione e ricostruzione. Se ne parlava già una decina di anni fa (conosciamo tutti la situazione del patrimonio del costruito in Italia) e fra poco inizierà la corsa per non rimanere esclusi da un mercato che si preannuncia certamente fecondo.
La localizzazione degli interventi e la gestione più che probabile da parte delle varie amministrazioni aprono dunque uno spiraglio (bello grande) anche alla distribuzione edile. Il motto potrebbe essere “servizi, servizi, servizi”, ma anche una strategia di “associazione momentanea di rivendite” (sull’esempio delle imprese edili) non è un’ipotesi da scartare.